Crostoli o Galani?
- federicamodenese

- 3 mar
- Tempo di lettura: 3 min
Storia, tradizione e ricette dei dolci tipici del Carnevale veneto.
Dalle calli della Serenissima ai giorni nostri.

Girano storie antiche attorno ai galani di Venezia che a Padova si chiamano crostoli.
Che strana curiosità: nelle due città si usa la stessa ricetta, ma nomi differenti, come mai, mi chiedo?
Mi trovo a Padova, di fronte al banco di una storica pasticceria, ricolmo di sottili sfoglie dorate riposte a catasta sui vassoi.
Ci arrivo seguendo la scia burrosa e zuccherina che aleggia dolciastra su Piazza delle Erbe e infila, con invitanti folate, la via dei portici.
Chiedo agli amici che mi accompagnano, nella bella passeggiata tra le piazze padovane, come usano chiamare questi dolci carnevaleschi e quali siano le differenze?
C’è confusione nelle risposte: “Mia nonna Elvira li ha sempre chiamati crostoli, mi risponde Chiara, ma mia mamma li chiama galani”.
Anche Tommaso si ferma a pensare e dice che a casa sua li chiamano crostoli da sempre, ma sua cognata li chiama galani.
Devo assolutamente approfondire, ed eccomi qui a raccontarvi la storia di crostoli e galani.

A Venezia il termine dialettale “galan” si usa per definire un nastro di stoffa e proprio dalla forma allungata, dalle morbide volute, prende origine la ricetta dei galani.
Già al tempo della Serenissima Repubblica di Venezia la sfoglia veniva tagliata in listarelle di una decina di centimetri per poi essere annodate al centro.
La tipica forma richiamava quella usata dalle giovani donne veneziane nell’indossare nastri colorati attorno al collo.
I galani, così annodati, affondavano direttamente nei calderoni di strutto bollente sparsi per la città lagunare, e una volta dorati venivano ripescati con un ferro da calza infilzato dritto nel nodo e messi ad asciugare su panni di stoffa.
Spolverati di zucchero grezzo (solo nel corso del ‘700, prima lo zucchero non era commercializzato) diventavano una prelibatezza dolciaria da leccarsi le dita, oltre a profumare case, calli e interi sestieri veneziani.
Con il tempo la forma dei galani ha slegato i nodi, oggi si presentano distesi, dai tagli finali leggermente obliqui a ricordare quelli delle punte dei nastri.
A Padova la ricetta è la stessa, ma storia, forma e spessore sono diversi.
Eh sì, anche lo spessore vuole la sua parte! Finissimi, bollosi e quasi trasparenti sono galani, mentre rettangolari e più spessi, dai bordi dentellati, talvolta con un taglio al centro, sono crostoli.

Il termine “crostoli”, come intuibile, deriva dal latino “crusta”.
Stessa ricetta in una crosta di sfoglia dalla forma più grezza e meno elegante.
I galani si trasformano così nella versione dell’entroterra veneto.
Nelle campagne i costumi rurali non erano sicuramente impreziositi da nastri e merletti.
I crostoli, quindi, assumono tagli a rettangoli larghi, più sbrigativi e meno raffinati.
Si impastano dal tempo della Serenissima in tutte le terre venete oltre laguna.

In Veneto non poteva mancare un goccetto alcolico..
Nell’impasto di galani e crostoli l’ingrediente segreto è la grappa!
Se intendente procedere senza, non chiamateli con questi nomi.
Diamo dunque il via al Carnevale con la ricetta di questi tipici dolci veneti, che nel resto d’Italia assumono altre forme, altre consistenze, altri nomi, Chiacchiere, Frappe, Bugie, Cioffe, ma che si assomigliano tutti, nella loro ricetta di base, da Nord a Sud.
Ricetta Crostoli e Galani veneti
La forma secondo le indicazioni dell'articolo.

Mescolare 500 grammi di farina con due tuorli e un uovo intero, 50 grammi di burro ammorbidito, 60 grammi di zucchero, la scorza grattugiata di mezzo limone, due cucchiai di grappa, un pizzico di sale e, se serve, poco latte. Impasta, lavora bene e lascia riposare per mezz’ora coperto con un panno umido. Spiana in fogli sottili e taglia a strisce, quindi friggi velocemente in olio ben caldo (tradizionalmente si usa lo strutto).
Asciugare su carta da cucina e spolverare con zucchero a velo.
Buon carnevale goloso a grandi e piccini!
Federica Modenese
Food writer






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